Il lockdown, provocato dall’emergenza Covid-19,  influisce pesantemente sulle nostre vite: con i visi coperti dalla mascherina, con una nuova e fondata fobia del contatto, ci avviamo verso una mutazione senza precedenti dell’interazione sociale. Si impara a vivere in solitudine, anzi, in un vero e proprio isolamento dagli altri, senza più le certezze che, prima del distanziamento, davamo per scontate. Il livello di separazione individuale è tale che ha persino raggiunto il nucleo famigliare: tra genitori e figli e tra fratelli e sorelle non ci si abbraccia più, si cena e si conversa a distanza, si teme, talvolta, che l’altro possa essere “infetto”. Questa pandemia ci ha avvicinati a un’idea quotidiana di morte, accompagnata da sentimenti di paura, tristezza e incertezza. Ci siamo ritrovati in una forma di solitudine sconosciuta, legati al resto del mondo dalla condivisione di una nuova e debilitante forma di stress psicologico.

Accade che, per superare situazioni ansiogene, si tenda a cercare sollievo in qualcosa che, al contrario, provochi sensazioni di piacere e leggerezza. Una ricerca che può diventare un comportamento compulsivo, una crescente necessità, psicologica e fisiologica, di essere soddisfatti: in poche parole una dipendenza.

La dipendenza da sesso

Il termine “dipendenza” viene solitamente associato a una mancanza di controllo dell’individuo che perde la propria capacità di scelta e diventa vittima di una sorta di ossessione. Esistono dipendenze da sostanze come alcol e marijuana, ed esistono dipendenze da comportamenti, come quella da gioco e quella da sesso. Quest’ultima, molto studiata e considerata da varie letterature mediche, è caratterizzata da una serie di azioni compulsive che debilitano l’individuo, alterando il suo funzionamento emotivo: il soggetto si sente incapace di controllare la sua “coazione” a ripetere, e ha bisogno di portarla avanti per andare avanti lui stesso. Nella sfera sessuale, la dipendenza può prendere  diverse direzioni, tra cui il consumo di pornografia. Molti descrivono la dipendenza da porno come un semplice “anestetico”, un modo per alleviare lo stress, contrastandolo con una fonte di piacere e annullamento. Dopo aver soddisfatto il proprio bisogno, può succedere che l’individuo provi forti sentimenti di rabbia e vergogna, o di tristezza, che lo portano nuovamente a procurarsi piacere.

Perché il porno?

In un contesto sociale come quello in cui viviamo, dominato dall’emergenza coronavirus, la sfera relazionale, e di conseguenza anche quella sessuale, subiscono profondi cambiamenti: potrebbe essere il periodo per le coppie stabili di riscoprire la propria sessualità, soprattutto se senza figli, e migliorare il rapporto intimo; le coppie a distanza potrebbero usare metodi alternativi per la soddisfazione del desiderio sessuale come il sexting o le videochiamate; i single, molto probabilmente, attenuano la tensione sessuale attraverso la masturbazione. Ma è in questo scenario che si innesta l’uso, e talvolta l’abuso, della pornografia. La pornografia online è il più delle volte gratuita o comunque economicamente accessibile, soddisfa molte predilezioni e soprattutto garantisce l’anonimato. Anche se i dati non confermano l’ipotesi di un incremento dell’uso della pornografia durante l’attuale lockdown, è facile pensare che molte persone siano state portate a usufruirne quotidianamente: in un contesto di incertezza e solitudine, si è probabilmente più inclini a cercare metodi di evasione o autoregolazione che creino un equilibrio tra emozioni negative e positive. Stress, ansia, paura, incertezza, preoccupazione e isolamento, sono tutti fattori che incentivano alla ricerca di piacere attraverso uno strumento facilmente consumabile come la pornografia. Senza dimenticare il ruolo che gioca la noia. La maggior parte delle persone si è ritrovata chiusa in casa, senza lavoro, senza amici da vedere e nulla da fare. Facile giustificare qualche momento di puro svago, ripetendosi e convincendosi che rimarrà “un momento”, mentre è proprio da lì che spesso inizia la dipendenza.

Il comportamento compulsivo

La difficoltà sta proprio nel comprendere la natura compulsiva di un determinato comportamento. Ci si può rendere conto della propria dipendenza da sesso se l’abitudine ha conseguenze negative visibili sulla nostra vita: tradimenti, divorzi, rendimento scarso al lavoro o a scuola, per esempio. Risulta più difficile, invece, capire quando e se il nostro rapporto con la pornografia diventa in qualche modo “malato”. Tra adolescenti ci si confronta normalmente e quotidianamente sulla masturbazione, si parla di porno e di preferenze sessuali. È pur sempre una scoperta, anche se non sempre educativa: com’è noto, quel che succede in un video porno è ben diverso dalla realtà. Cosa accade però quando la pornografia diventa una necessità, un mezzo per soddisfare un bisogno impossibile da controllare? Nella mente della persona dipendente la coazione a ripetere equivale a una ricompensa, un “piacere” scientificamente identificato come “rilascio di dopamina”. Una persona dipendente da sesso ha bisogno di una dose crescente di dopamina, che trova per esempio consumando pornografia. Un bisogno che sembra l’unico mezzo per mantenere il dominio della propria vita quotidiana, il più delle volte provocato da sensazioni di solitudine e tristezza.

La presa, o ripresa, di coscienza

La terapia è uno dei primi passi verso la ripresa di coscienza e di potere su se stessi,  per chi si è perso in un comportamento compulsivo, verso la ricerca di una dose equilibrata di piacere che non sfoci in una dipendenza, in un bisogno fisiologico che deve per forza essere soddisfatto. Nella dipendenza da sesso e da pornografia la prevenzione assume un ruolo importantissimo: l’educazione sessuale da parte di individui adulti nei confronti delle giovani generazioni è un passo essenziale per la crescita di questi ultimi. Oggi in particolar modo, si avverte una profonda necessità di educare alla sessualità, di insegnare il sesso come atto di piacere non pervasivo, volontario e non compulsivo.

Sitografia:

Il lockdown, provocato dall’emergenza Covid-19,  influisce pesantemente sulle nostre vite: con i visi coperti dalla mascherina, con una nuova e fondata fobia del contatto, ci avviamo verso una mutazione senza precedenti dell’interazione sociale. Si impara a vivere in solitudine, anzi, in un vero e proprio isolamento dagli altri, senza più le certezze che, prima del distanziamento, davamo per scontate. Il livello di separazione individuale è tale che ha persino raggiunto il nucleo famigliare: tra genitori e figli e tra fratelli e sorelle non ci si abbraccia più, si cena e si conversa a distanza, si teme, talvolta, che l’altro possa essere “infetto”. Questa pandemia ci ha avvicinati a un’idea quotidiana di morte, accompagnata da sentimenti di paura, tristezza e incertezza. Ci siamo ritrovati in una forma di solitudine sconosciuta, legati al resto del mondo dalla condivisione di una nuova e debilitante forma di stress psicologico.

Accade che, per superare situazioni ansiogene, si tenda a cercare sollievo in qualcosa che, al contrario, provochi sensazioni di piacere e leggerezza. Una ricerca che può diventare un comportamento compulsivo, una crescente necessità, psicologica e fisiologica, di essere soddisfatti: in poche parole una dipendenza.

La dipendenza da sesso

Il termine “dipendenza” viene solitamente associato a una mancanza di controllo dell’individuo che perde la propria capacità di scelta e diventa vittima di una sorta di ossessione. Esistono dipendenze da sostanze come alcol e marijuana, ed esistono dipendenze da comportamenti, come quella da gioco e quella da sesso. Quest’ultima, molto studiata e considerata da varie letterature mediche, è caratterizzata da una serie di azioni compulsive che debilitano l’individuo, alterando il suo funzionamento emotivo: il soggetto si sente incapace di controllare la sua “coazione” a ripetere, e ha bisogno di portarla avanti per andare avanti lui stesso. Nella sfera sessuale, la dipendenza può prendere  diverse direzioni, tra cui il consumo di pornografia. Molti descrivono la dipendenza da porno come un semplice “anestetico”, un modo per alleviare lo stress, contrastandolo con una fonte di piacere e annullamento. Dopo aver soddisfatto il proprio bisogno, può succedere che l’individuo provi forti sentimenti di rabbia e vergogna, o di tristezza, che lo portano nuovamente a procurarsi piacere.

Perché il porno?

In un contesto sociale come quello in cui viviamo, dominato dall’emergenza coronavirus, la sfera relazionale, e di conseguenza anche quella sessuale, subiscono profondi cambiamenti: potrebbe essere il periodo per le coppie stabili di riscoprire la propria sessualità, soprattutto se senza figli, e migliorare il rapporto intimo; le coppie a distanza potrebbero usare metodi alternativi per la soddisfazione del desiderio sessuale come il sexting o le videochiamate; i single, molto probabilmente, attenuano la tensione sessuale attraverso la masturbazione. Ma è in questo scenario che si innesta l’uso, e talvolta l’abuso, della pornografia. La pornografia online è il più delle volte gratuita o comunque economicamente accessibile, soddisfa molte predilezioni e soprattutto garantisce l’anonimato. Anche se i dati non confermano l’ipotesi di un incremento dell’uso della pornografia durante l’attuale lockdown, è facile pensare che molte persone siano state portate a usufruirne quotidianamente: in un contesto di incertezza e solitudine, si è probabilmente più inclini a cercare metodi di evasione o autoregolazione che creino un equilibrio tra emozioni negative e positive. Stress, ansia, paura, incertezza, preoccupazione e isolamento, sono tutti fattori che incentivano alla ricerca di piacere attraverso uno strumento facilmente consumabile come la pornografia. Senza dimenticare il ruolo che gioca la noia. La maggior parte delle persone si è ritrovata chiusa in casa, senza lavoro, senza amici da vedere e nulla da fare. Facile giustificare qualche momento di puro svago, ripetendosi e convincendosi che rimarrà “un momento”, mentre è proprio da lì che spesso inizia la dipendenza.

Il comportamento compulsivo

La difficoltà sta proprio nel comprendere la natura compulsiva di un determinato comportamento. Ci si può rendere conto della propria dipendenza da sesso se l’abitudine ha conseguenze negative visibili sulla nostra vita: tradimenti, divorzi, rendimento scarso al lavoro o a scuola, per esempio. Risulta più difficile, invece, capire quando e se il nostro rapporto con la pornografia diventa in qualche modo “malato”. Tra adolescenti ci si confronta normalmente e quotidianamente sulla masturbazione, si parla di porno e di preferenze sessuali. È pur sempre una scoperta, anche se non sempre educativa: com’è noto, quel che succede in un video porno è ben diverso dalla realtà. Cosa accade però quando la pornografia diventa una necessità, un mezzo per soddisfare un bisogno impossibile da controllare? Nella mente della persona dipendente la coazione a ripetere equivale a una ricompensa, un “piacere” scientificamente identificato come “rilascio di dopamina”. Una persona dipendente da sesso ha bisogno di una dose crescente di dopamina, che trova per esempio consumando pornografia. Un bisogno che sembra l’unico mezzo per mantenere il dominio della propria vita quotidiana, il più delle volte provocato da sensazioni di solitudine e tristezza.

La presa, o ripresa, di coscienza

La terapia è uno dei primi passi verso la ripresa di coscienza e di potere su se stessi,  per chi si è perso in un comportamento compulsivo, verso la ricerca di una dose equilibrata di piacere che non sfoci in una dipendenza, in un bisogno fisiologico che deve per forza essere soddisfatto. Nella dipendenza da sesso e da pornografia la prevenzione assume un ruolo importantissimo: l’educazione sessuale da parte di individui adulti nei confronti delle giovani generazioni è un passo essenziale per la crescita di questi ultimi. Oggi in particolar modo, si avverte una profonda necessità di educare alla sessualità, di insegnare il sesso come atto di piacere non pervasivo, volontario e non compulsivo.

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