Il ruolo della terapia equestre assistita nella prevenzione della dipendenza da Internet
Il valore della terapia equestre assistita in alcune condizioni di disagio psico-fisico è ormai riconosciuto come risorsa complementare a trattamenti più classici. A fronte di queste evidenze e dell’esperienza maturata dagli horse-trainers presso il Centro Equestre Unio, a Vicchio nel Mugello (Fi), il 6 settembre 2023 IEuD, nella figura della dott.ssa Cristina Galassi, ha incontrato genitori e ragazzi praticanti attività equestri per confrontarsi e riflettere insieme sul tema della prevenzione della dipendenza da smartphone, anche alla luce di esperienze dirette e personali maturate all’interno del Centro.
Fare sport, cavalcare, occuparsi di un cane o di un gatto: non c’è qualcosa che valga per tutti: così come ogni essere umano è unico, così lo è anche ogni altro animale all’interno dell’unicità delle caratteristiche della specie a cui appartiene: ogni animale avrà una sua personalità che di più o di meno incontrerà quella dell’altro, in una possibilità di crescita reciproca. E così accade anche che per alcuni umani una relazione con un animale non sia né ricercata, né assolutamente significativa.
Ma comunque ci si ponga nei loro confronti, una realtà è che anche se possiamo sentirci profondamente diversi dagli animali, condividiamo con loro le nostre origini profonde: abbiamo le stesse possibilità emotive di base. Cosa vuol dire questo? Che abbiamo dei funzionamenti, nel nostro organismo, nel nostro sistema nervoso, non solo omeostatici ma anche affettivi, motivazionali, delle possibilità di sperimentare una qualità delle esperienze che facciamo, che ce le faranno classificare come positive o negative per noi (e per loro).
Un cavallo non parla con il nostro linguaggio, ma è in grado di cogliere quel linguaggio non verbale che trasmette le nostre emozioni, il nostro stato interno. Non solo gesticolare, muoversi, ma anche come respiriamo, se sudiamo o no (odore), se guardiamo o no l’altro, se lo tocchiamo. Su questo il cavallo si “sintonizza”.
I cavalli non sono una specie predatoria. Erbivori, ma possenti, forti, muscolosi, veloci. Da sempre hanno affascinato noi umani: pensate alla mitologia. Cavalcarli significa “potenziare” il nostro corpo. Sentire il suo respiro, sentire che è il nostro corpo a dare una direzione, sentire che è in grado di percepire dove stiamo guardando ancor prima che io muova le redini, magari perché il mio corpo si è spostato sulla sua schiena senza che neppure me ne sia accorto.
Corpo del ragazzo e corpo del cavallo in contatto, vista e tatto sono coinvolti in questo funzionamento, in modo reciproco, cioè si autoalimentano. E se da un lato è provato come la continua visione degli schermi (smartphone, pc..) provoca una iperstimolazione cerebrale profonda, uno stato di allerta continuo, implicato anche nei disturbi del sonno, la possibilità di aprire lo sguardo, alzarlo all’orizzonte in groppa al cavallo, ampliare il movimento, toccare il cavallo: sono tutte forme di esplorazione che l’adolescente fa in primis su di sé, attraverso il cavallo.
Un cavallo e un adolescente sono due creature una difronte all’altra: forse entrambe spaventate, chiedono rispetto reciproco e devono imparare a fidarsi. Relazionarsi con un cavallo implica tenere a bada la paura, prendersi cura dell’animale, sviluppare fiducia reciproca: tutte emozioni fondamentali. I loro corpi pensano e si pensano, senza parole, reciprocamente. Si conoscono con il tocco e il movimento, poi quasi diventano un unicum. Rispetto il corpo del cavallo perché può farmi male o perché ne ho paura o perché ho un legame con lui. Posso controllare i suoi movimenti, ma posso affidarmi a lui se ne ho fiducia. Non lo uso, non lo possiedo: l’animale ha un margine di discrezionalità e di scelta che mi ricorda i miei limiti e che mi aiuta a crescere. Lo cavalco, lo guido: sono “capace”, non illimitato o onnipotente, ma capace di vivere questa esperienza relazionale.
L’esperienza raccontata dai partecipanti all’incontro è stata proprio quella di un cambiamento nelle modalità di utilizzo dei social, soprattutto in termini di contenuti e immagini. Un adolescente che è riuscito ad agganciare e a farsi agganciare in una relazione con un cavallo continua a vivere anche sui social, perché questa è la normalità, ma con modalità diverse, interessi diversi. Condivide questa relazione con gli altri con affetto e orgoglio, è un punto di crescita, dimostrazione di capacità relazionali, porta la sua esperienza positiva ad altri, per incuriosire, per condividere con il proprio gruppo e, a modo suo, insegnare agli altri delle alternative relazionali e di crescita affettiva.
La Redazione
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