Recentemente studi e ricerche condotti, anche a livello internazionale, hanno evidenziato un incremento nei fenomeni di disagio giovanile: alti livelli di ansia, depressione, episodi di autolesionismo, di ritiro sociale, disturbi alimentari, disturbi del sonno, comportamentali, aggressività, disturbi nel controllo degli impulsi.
Uno studio effettuato in Italia dall’Istituto Superiore di Sanità e pubblicato nel 2023 ha rilevato che quasi 2 milioni di adolescenti della cosiddetta Generazione Z (cioè i nati dal 1997 al 2012) sembrano essere a rischio di sviluppare una dipendenza comportamentale (tra alcol, cibo, social media, isolamento sociale).
E poi altri dati e ricerche, che ci dicono di altri disagi, come in un altro studio dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, pubblicato sempre nel 2023, che ha dimostrato la correlazione tra l’aumento dell’esposizione ai dispositivi elettronici e un forte incremento nei disturbi del sonno in una popolazione di più di un migliaio di bambini e adolescenti tra i 2 e i 18 anni.
Senza suscitare inutili allarmismi, possiamo prendere atto ed accettare che questa vita parallela nel web è una realtà inevitabile e non necessariamente negativa, ma che forse richiede ancora esperienza, per noi umani, soprattutto quando ci troviamo in una fase della vita già di per sé piuttosto complessa, l’adolescenza. Come funamboli inconsapevoli, i nostri adolescenti devono imparare a camminare su quella fune che è la vita, cercando di raggiungere e mantenere l’equilibrio in due mondi diversi: quello reale e quello virtuale.
Pubertà e adolescenza, anche se spesso vengono considerate un unico, vanno distinte: la pubertà precede l’adolescenza perché caratterizza di più i cambiamenti fisici, ormonali soprattutto, mentre la successiva adolescenza è la parola che abbiamo scelto per descrivere tutti i cambiamenti che derivano a cascata da quelli del corpo, e che riguardano l’apprendimento, l’esperienza, gli aspetti emotivi e e psicologici del crescere. Sono cambiamenti cerebrali causati dall’insieme di tutti i cambiamenti che riguardano tutto il corpo, con le emozioni al suo interno. È una fase così fortemente trasformativa che ancora nel XX secolo in ambito medico c’era chi la considerava una malattia, magari dimenticandosi che….ci siamo passati tutti! Oggi, soprattutto grazie agli studi neuroscientifici, sappiamo che l’adolescenza è il progressivo cambiamento/crescita che porterà all’età adulta. A livello cerebrale, in questa fase si completa e si struttura in particolare la neo-corteccia prefrontale, cioè quella parte del cervello che si occupa delle funzioni esecutive (attenzione, controllo nell’espressione delle emozioni, decisioni ecc).
L’adolescenza è un fenomeno trasversale alle epoche e addirittura, alla nostra specie, nel senso che condividiamo questa fase anche con gli altri mammiferi. La sua espressione però per noi umani risente delle culture e delle epoche storiche, quindi dell’ambiente in cui si realizza, e di cui assume le modalità di espressione (o di trasgressione).
Durante l’adolescenza i nostri figli e noi prima di loro ci siamo trovati ad affrontare dei compiti attraverso i quali si acquisiscono delle competenze fondamentali per la vita. Il confrontarsi con questi compiti, con queste sfide, non si esaurisce certo nell’adolescenza, ma è a quell’età ce li ritroviamo tutti insieme da affrontare, per la prima volta. Anche se sono innati e trasversali al tempo e alla storia e non richiedono consapevolezza per realizzarsi, perché appartengono alle nostre radici biologiche, permettono comunque ad ognuno di crescere in modo unico, irripetibile, con il diritto di esprimere la propria natura unica intenzionale e relazionale ma anche trovare un equilibrio con il proprio gruppo sociale. Anche se le competenze che si acquisiranno sono le sempre da stesse, diversi e unici saranno il modo in cui verranno vissuti perché unica è la personalità, la storia di vita, l’ambiente di ognuno. Sintetizzando, possiamo riassumere queste competenze fondamentali in quattro punti:
– come evitare il pericolo (sopravvivere per poter vivere)
– come collocarsi all’interno del proprio gruppo (socializzare, trovare un posto/ruolo nel gruppo)
– come comunicare sessualmente (riprodursi e gratificarsi)
– come lasciare il nido (autonomizzarsi e autodeterminarsi).
Ma vivere l’adolescenza prevede un paradosso: da un lato devo imparare a evitare il pericolo, dall’altro se non sperimento qualche rischio non riuscirò a capire quali sono i miei limiti. La conoscenza dei propri limiti ha come conseguenza la possibilità di autoregolamentarsi e di proteggersi. Per provare coraggio devo avere paura, e la paura dovrebbe essere proporzionata alle mie possibilità e al contesto. Il mio corpo, con i suoi limiti e le sue negatività (prova dolore, si può danneggiare in modo irreparabile, è limitato) mi aiuta a disegnare dei confini in me e fuori di me. Il richiamo del rischio è forte e normale per gli adolescenti e oggi possiamo forse leggere in quest’ottica alcuni episodi rischiosissimi, di abuso di alcol, o le challenge in rete, o i selfie estremi. Il bisogno di dimostrare e di dimostrarsi naturalmente esiste ancora, ma è sganciato dai confini che prima venivano fissati in primis dai nostri corpi: il mondo dei social non ha né confini né limiti.
Cristina Galassi
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