Alcuni chiarimenti su psicoterapia e addiction
Parlare di “psicoterapia” al singolare non è del tutto esatto rispetto alla molteplicità degli approcci psicoterapeutici oggi praticati nel mondo.
Ovviamente, qui non possiamo entrare in un approfondimento che potrebbe essere lungo e molto tecnico: in questa sede ci interessa fornire, a chi vuole informarsi sulle possibilità di cura disponibili per l’addiction, elementi utili per orientarsi sul piano concreto.
Basta quindi richiamare due aspetti fondamentali della psicoterapia irrinunciabili qualsiasi sia l’orientamento teorico del professionista: la relazione interpersonale tra paziente e terapeuta; la tecnica con cui viene condotta la terapia e la sua corrispondenza al tipo di problema e di persona.
La relazione interpersonale tra paziente e terapeuta
La psicoterapia è innanzitutto l’incontro di due persone nel contesto di una relazione d’aiuto. Tanto basta per comprendere immediatamente che alcuni requisiti propri delle relazioni umane sono fondamentali: tra questi il rapporto di fiducia reciproco e l’assoluta schiettezza. Lo psicoterapeuta non ha altro modo di conoscere il paziente se non a partire da ciò che questi gli comunica, con le parole e anche in modo non verbale; è chiaro che narrazioni fuorvianti, omissioni o manipolazioni possono orientare il terapeuta in un senso che non è utile sul piano della cura.
Tuttavia, il “vero” in psicoterapia non è la verità che si cerca in un tribunale, ma ciò che il paziente sente autenticamente; non è tanto importante stabilire “chi ha ragione” o come sono andati “per davvero” i fatti, quanto comprendere il significato di un’esperienza, perché il modo di vivere una certa situazione fornisce preziose indicazioni sulla affettività del paziente, sulle sue difese, sul suo funzionamento cognitivo.
La fiducia reciproca è un requisito preliminare, ma è anche qualcosa che si consolida e si approfondisce con la conoscenza, per cui è necessario un certo periodo di frequentazione regolare.
Sulla base di un rapporto autentico, la relazione interpersonale permette uno scambio profondo tra paziente e terapeuta, che veicola comprensione, interesse per l’altro, riconoscimento del valore, incoraggiamento, alleanza. Lo scambio affettivo permette di fare l’esperienza di un incontro profondo e costruttivo, base di un possibile cambiamento.
La tecnica psicoterapeutica
Sono numerose le Scuole che insegnano la tecnica della psicoterapia (per diventare psicoterapeuti è obbligatorio un corso di specializzazione di 4 anni dopo la laurea in psicologia o in medicina), seguendo approcci diversi in cui la psiche è vista da una specifica prospettiva. Infatti, la complessità del mondo psichico è tale che è necessario scegliere un punto di vista che organizzi l’insieme delle conoscenze psicologiche; quel punto di vista serve per cercare di dare unità e coerenza alla teoria sulla psiche e potere di conseguenza mettere a punto una tecnica di cura. Alcune Scuole partono dagli aspetti inconsci della psiche, altre dal funzionamento cognitivo, altre dalla vita di relazione o dalle caratteristiche della comunicazione. La necessità di semplificare la realtà psichica non deve però far dimenticare che la realtà non diventa magicamente semplice per rispettare le teorie che vengono elaborate: per cui le diverse prospettive devono aiutarsi una con l’altra a comporre il quadro d’insieme.
Dai diversi punti di partenza tutti gli approcci arrivano poi alla destinazione finale, che è l’incontro personale paziente-terapeuta allo scopo di sollevare dalla sofferenza: conviene diffidare di chi ritiene che il punto di vista della sua Scuola sia l’unico giusto ed esaustivo.
In alcuni casi ci sono approcci più indicati, ma non esclusivi, per alcune situazioni o per certe persone: ad esempio, può essere necessario un lavoro profondo sull’affettività inconscia, oppure suggerire tecniche di comportamento per controllare reazioni eccessive, oppure individuare pensieri e convinzioni disfunzionali o ancora affrontare i problemi di comunicazione nella famiglia. Sarà lo stesso psicoterapeuta che, nella fase di conoscenza iniziale, una volta compreso il nucleo problematico del paziente, potrà consigliare la via migliore.
La psicoterapia individuale nell’addiction
L’addiction è una condizione che coinvolge tutte le dimensioni vitali della persona, biologiche, psicologiche, sociali.
La dimensione psicologica, a sua volta, presenta diverse dimensioni coinvolte nei meccanismi che consolidano la dipendenza e impediscono il cambiamento e che sono di tipo affettivo e cognitivo. Le droghe fanno “sentire” in un certo modo e cambiano il modo in cui la persona cerca di “stare bene” e di trovare un senso di distensione e soddisfazione; allo stesso tempo, ciò che si sente viene elaborato sul piano cognitivo e struttura convinzioni, timori, aspettative che legano sempre di più alla droga.
Il trattamento psicoterapeutico dell’addiction richiede allo psicoterapeuta di acquisire competenze più ampie e l’intervento deve svilupparsi su diversi piani:
- emotivo-affettivo, nel senso di riconoscere, accettare, comprendere e provare com-passione per la visione del mondo conscia e inconscia del paziente, per far emergere la forma, i punti di fissazione, le interpretazioni della realtà generate nella storia della persona e orientare la persona in senso creativo, realizzativo e verso compiti sociali;
- cognitivo, nel senso di esaminare il funzionamento conscio, per analizzarne le fragilità, le ambivalenze decisionali e correggerne gli errori e ridefinirlo in senso più realistico e concreto;
- integrativo, nel senso dello sviluppo di una migliore armonia tra la dimensione affettiva (il “senso” della vita) e il funzionamento cognitivo, al fine di sviluppare le capacità di modulare le spinte emozionali e di vitalizzare il pensiero.
Il lavoro psicoterapeutico finalizzato al superamento dell’addiction richiede una frequenza almeno settimanale per avere la giusta intensità che permette il raggiungimento del risultato. La durata è variabile, ma in genere richiede diversi mesi se non uno o due anni. I risultati, quando il percorso viene fatto con impegno e costanza, sono in genere molto positivi, anche se si verificano in tempi non brevi.
L’approccio cognitivo-comportamentale
Per l’addiction è molto pubblicizzato un approccio psicoterapeutico specifico, quello cognitivo-comportamentale di derivazione americana, che promette buoni risultati in tempi brevi. Con queste promesse attira molte persone; in realtà, al di fuori di contesti sperimentali in cui pare funzionare in una certa percentuale dei casi, nella pratica clinica reale anche quell’approccio richiede tempi lunghi e una serie di variazioni e integrazioni con altri elementi, in particolare quello relazionale emotivo-affettivo. Infatti, nella realtà clinica si ha a che fare con persone “vere” che presentano spesso più di un problema e con situazioni che subiscono interferenze di diverso tipo da parte dell’ambiente: la maggiore complessità diagnostica e di gestione clinica spesso non consente di applicare in modo asettico istruzioni da manuale.
Di fatto, l’approccio specifico per l’addiction deriva dall’esperienza specifica dello psicoterapeuta che adatta, amplia, integra e potenzia ciò che ha imparato a fare con elementi nuovi.
L’approccio di mediazione corporea e meditazione
Tra gli approcci che si stanno sperimentando nell’addiction, quelli a mediazione corporea e di meditazione sono tra i più interessanti. L’addiction coinvolge profondamente il funzionamento fisiologico e le sensazioni corporee e, allo stesso tempo, sollecita parti così profonde della psiche che per la persona è spesso difficile mettere in parole che cosa prova e quindi parlarne con il terapeuta. Questi approcci (come la mindfullness o lo yoga terapeutico) aiutano a cercare un equilibrio sul piano emotivo partendo dalla esperienza fisica: sembra strano che una forma (psico)terapeutica prenda le mosse dal corpo, ma in realtà è la dimostrazione dell’unità psicofisica del nostro essere.
Non è facile trovare professionisti specializzati in queste pratiche terapeutiche a mediazione corporea o meditative nel campo dell’addiction, ma le possibilità si stanno sviluppando. Data la natura sperimentale, conviene affidarsi ad un terapeuta di fiducia per la ricerca di riferimenti che garantiscano serietà e competenza, dato che la sperimentazione a volte diventa improvvisazione.
Psicoterapia e farmacoterapia
Proprio in relazione all’unità psicofisica del nostro essere, va definitivamente superata l’idea che psicoterapia e farmacoterapia siano in alternativa o addirittura in contrapposizione. Entrambe le strade convergono verso la ricerca di equilibrio e benessere della persona, entrando nel complesso sistema umano da porte diverse.
Naturalmente ci sono differenze: la farmacoterapia ha come bersaglio alcuni aspetti molto specifici e può comportare effetti collaterali, ma offre la possibilità di una rapida soluzione di alcuni sintomi invalidanti (si pensi ai problemi di ansia, depressione, insonnia, agitazione). In alcuni casi è certamente la prima cosa da scegliere, ad esempio quando ci sono pensieri persecutori o stati confusionali o di agitazione molto gravi. Tuttavia, la psicoterapia, quando applicabile, permette un cambiamento più profondo della persona e, per questo, più duraturo.
La possibilità di combinare le due possibilità terapeutiche sarebbe l’ideale: da una parte permette un rapido sollievo da alcuni sintomi e dall’altra di consolidare i miglioramenti grazie ad un lavoro profondo a livello psicologico.
Anche per un approccio combinato è necessario affidarsi a professionisti esperti, che possano dosare bene nel tempo gli interventi più efficaci.