La condizione di addiction è ciò che risulta da una interazione tra le caratteristiche del soggetto, della sostanza e dell’ambiente.
Le diverse caratteristiche individuali unite agli effetti sull’organismo delle sostanze e ai diversi contesti ambientali, possono creare un mix con infinite varianti.
Ed è proprio l’insieme degli elementi che produce il risultato: è l’interazione, l’influenza reciproca, il modificarsi a vicenda. L’addiction, quindi, non sta solo nell’individuo (ipotesi psicologica) o solo nella sostanza (ipotesi tossicologica) o solo nell’ambiente (ipotesi sistemica e sociologica). L’addiction sta in tutti questi elementi contemporaneamente ed è proprio la relazione tra le caratteristiche e le proporzioni degli elementi che condiziona l’esito dell’incontro.
Si può dire che l’addiction corrisponde al tipo di relazione che struttura tra individuo e sostanza in un dato ambiente.
La dipendenza è il risultato dell’interazione soggetto-oggetto.
L’estrema variabilità delle caratteristiche degli individui, delle droghe e degli ambienti produce una estrema variabilità di relazioni e di esiti dell’interazione. Individuo, sostanza e ambiente sono sempre presenti come componenti fondamentali: ma quali possono essere gli esiti della loro combinazione?
Ovviamente sono infiniti e unici, come unico e irripetibile è l’individuo, ma è possibile schematizzare quattro tipologie principali, molto utili per orientarci sulla problematicità della situazione.
Infatti, non è sufficiente che avvenga l’assunzione di una sostanza per concludere che si è di fronte ad una situazione di dipendenza. Perciò, distinguere il tipo di relazione che si è stabilita tra soggetto e droga può orientare la comprensione del problema e quindi permettere di dosare bene l’intervento, senza essere medicalizzare in modo troppo aggressivo o senza sottovalutare e lasciar consolidare situazioni problematiche.
Le quattro tipologie di relazione con le droghe sono: uso, abuso, dipendenza e mania.
Uso
È facile, nella nostra cultura, comprendere come si possa avere una relazione del tutto “normale”, senza problemi né di salute né legali né sociali, con una sostanza stupefacente che può dare dipendenza: basta pensare alle bevande alcoliche. L’alcol è una droga “pesante”, che dà effetti devastanti, anche letali, sull’individuo e che ha ripercussioni sociali gravissime in termini di morti, di malati e di perdita di forza produttiva. Eppure è legale e moltissime persone usano e detengono alcolici, senza che questo rappresenti mai un problema in tutta la loro vita.
Questo è un ottimo esempio del fatto che si può avere un “uso” di sostanze, cioè una relazione con la sostanza del tutto voluttuaria, sociale e controllata: aver imparato ad apprezzare le bevande alcoliche con modalità approvate socialmente e assumerle senza altro scopo che il piacere che possono dare (quindi non a scopo “antistress”, o per ridurre l’ansia, farsi coraggio, dormire, ammazzare la noia, prendere coraggio, alleviare il malumore), permette di usarle come uno degli elementi piacevoli della vita.
Nella nostra cultura, l’alcol è l’unica sostanza stupefacente di cui tutti riescono a discernere l’uso normale e quello patologico (abuso, alcolismo); con altre sostanze è molto più difficile. Ma è più difficile perché le altre sostanze sono comunque illegali e quindi non abbiamo confidenza con il loro utilizzo.
Abuso
L’abuso si configura quando l’assunzione di sostanza, pur non avendo conseguenze patologiche sull’organismo o sulla situazione generale della persona, avviene in un contesto non adeguato.
Rimanendo sull’esempio delle bevande alcoliche, l’assunzione della stessa quantità di alcolici a una festa o mentre si guida non è la stessa cosa: anche se l’assunzione non è eccessiva o dannosa, è però contro le regole stabilite e comporta dei rischi. Bere lo stesso anche se si sa che è fuori luogo o pericoloso è un abuso e induce a chiedersi come mai una persona consapevole del contesto assuma alcolici quando non dovrebbe.
Con questo principio, è un abuso anche quando si beve moderatamente, ma è stato sconsigliato per la propria salute o fumare tabacco (altra sostanza che dà dipendenza ma che è legale) dove è vietato o quando dà fastidio agli altri. L’abuso descrive una relazione con la sostanza che è già problematica, perché il consumo avviene nonostante il contesto lo controindichi; vuol dire che la persona preferisce il rapporto con la droga piuttosto che adeguarsi alla situazione in cui si trova, che sia sociale, normativa o medica: la sua relazione con la droga è più potente che la relazione con gli altri o con la realtà.
Per le altre sostanze l’abuso è “automatico”, in quanto sono vietate dalla legge. Bisogna però ricordarsi che la legge cambia nel tempo e nello spazio: ad esempio, molti Stati hanno legalizzato la cannabis anche per uso voluttuario, mentre farsi una “canna” in altri Stati comporta pene severe. Il concetto di abuso in riferimento alle norme di legge, quindi, può variare a seconda del Paese in cui ci si trova
Dipendenza
La dipendenza indica che la persona si è abituata, assuefatta, alla presenza e agli effetti, nel suo organismo, della droga. Prima di cominciare l’assunzione della sostanza, il soggetto aveva un equilibrio dell’organismo (“regolazione omeostatica”) regolato solo dalle funzioni fisiologiche (sistema nervoso autonomo, ormoni, sistema immunitario). L’assunzione della sostanza altera le funzioni fisiologiche e, protraendosi nel tempo, avviene un fenomeno di adattamento, per cui l’organismo impara a mantenere il suo equilibrio omeostatico comprendendo gli effetti della sostanza: l’equilibrio dell’organismo è mantenuto dall’effetto combinato della droga e dei sistemi fisiologici, che imparano a lavorare insieme (“regolazione allostatica”).
Pertanto, in una condizione di dipendenza, la “normalità” è consentita dalla presenza in modo costante nell’organismo di una certa quantità di sostanza.
Come si capisce subito, è una condizione ben diversa dall’uso normale e anche dall’abuso, condizioni in cui l’equilibrio dell’organismo non è modificato in modo stabile dalla sostanza.
La “certa quantità” dipende dall’abitudine di assunzione che struttura l’adattamento: in ogni individuo dipendente, c’è un livello di sostanza al di sotto del quale sente l’ “astinenza” e c’è un livello al di sopra del quale va in “overdose”. Tra questi due livelli c’è una zona di “tolleranza” che permette al soggetto di sentirsi bene.
Quando la presenza della sostanza nell’organismo si riduce per l’azione del metabolismo, prima ancora della sindrome da astinenza si attiva un meccanismo detto “craving” che spinge alla ricerca compulsiva del rifornimento, necessario per mantenere costante la presenza di droga nell’organismo.
Il meccanismo è facilmente comprensibile pensando all’uso ciclico di tabacco; ovviamente, l’esempio classico del ciclo di dipendenza è dato dagli oppioidi (eroina, morfina, metadone), in cui l’astinenza costringe ad una nuova assunzione, che fa stare bene per un certo periodo, dopo il quale è necessario assumere nuovamente la sostanza; se se ne assume troppa, si va in overdose e l’organismo si blocca (perdita di coscienza, coma), condizione in cui non è più possibile assumere droga.
Per una più ampia descrizione dei concetti si astinenza, tolleranza, craving, si veda la scheda 2.
Mania
Diversamente dalla dipendenza, nella tossicomania l’assunzione della sostanza non produce un adattamento, ma uno squilibrio dell’organismo. È il caso tipico della cocaina e degli stimolanti.
L’assunzione della droga produce importanti alterazioni fisiologiche (ad esempio, aumento della frequenza cardiaca e respiratoria) accompagnate da uno stato di eccitazione psichica.
Allo stato di eccitazione non ci si può abituare sul piano fisiologico, e questo è il motivo per cui la sindrome da astinenza è meno evidente, dal punto di vista fisico, nel caso degli stimolanti: non c’è una soglia minima che viene mantenuta nel tempo, perché l’organismo non può abituarsi a stare costantemente sempre “su di giri”.
Allo stesso tempo, lo stato di eccitazione spinge a continuare ad usare la sostanza, anche al di là dei limiti tollerati: il “craving”, diversamente dalla condizione di dipendenza, non si manifesta solo nella fase di riduzione della presenza della droga nell’organismo, ma anche proprio quando la sostanza sta facendo a pieno il suo effetto. Questo meccanismo scatena le “abbuffate” di droga, che possono portare a overdose, che può avere gravi conseguenze sull’organismo (ictus, infarto) ma che non “spegne” l’organismo come nella overdose della dipendenza, per cui il soggetto può continuare ad assumere sostanza.
La mania si caratterizza spesso per un uso non continuativo, ma per la ciclicità, con fasi di intenso uso e fasi di recupero in cui il soggetto non assume droga.
La mania è quindi moto diversa dalla dipendenza ed entrambe sono certamente indicatori di una relazione con la sostanza molto intensa e molto importante nella vita della persona.
Importanza per la comprensione del problema
Da quanto detto sopra, risulta evidente che non è possibile fare equivalenze troppo banali (assunzione di droga = drogato), considerando l’assunzione di una droga un problema sempre uguale. Anzi, in alcuni casi potrebbe addirittura non essere un problema (uso). Distinguere questi aspetti è rilevante: un caso di abuso va trattato in modo diverso da uno di dipendenza o di mania, così come è fondamentale avere chiare le differenze nel pattern di assunzione e degli effetti psichici (compensazione di una carenza in un caso, squilibrio nell’altro) tra dipendenza e mania.