di Emanuele Bignamini e Cristina Galassi La terapia psicodinamica, informata dalla tradizione psicoanalitica, rappresenta un approccio clinico che interpreta i sintomi come espressioni di conflitti psichici inconsci. Questo modello, applicato anche nel campo delle dipendenze patologiche, ha storicamente considerato l’addiction non come una patologia autonoma, ma come un sintomo da decifrare, legato a una sofferenza profonda e non consapevole del soggetto. Dall’inconscio freudiano alle neuroscienze affettive L’approccio classico ha trovato fondamento nel pensiero freudiano, che ha introdotto concetti come l’inconscio, le pulsioni e il determinismo psichico. In questo quadro, la sintomatologia – inclusa l’addiction – è vista come l’effetto sensorialmente riconoscibile di un conflitto intrapsichico. Tuttavia, questo modello ha mostrato limiti nell’applicazione clinica, in particolare per la sua tendenza a interpretare rigidamente i fenomeni e a ridurre la complessità del soggetto a una narrazione lineare causa-effetto. Le neuroscienze contemporanee, e in particolare il contributo di Jaak Panksepp, hanno rivoluzionato l’epistemologia psicoanalitica, introducendo una visione dell’inconscio più articolata e radicata nei processi affettivi e biologici. L’addiction, in questa nuova prospettiva, è interpretata come una dinamica affettiva alterata, dove il legame con l’oggetto della dipendenza assume un valore emotivo distorto. Ciò consente un