Schede informative per comprendere meglio la dipendenza da droghe e i comportamenti di dipendenza

Alcuni punti fermi

  1. La motivazione è prevalentemente una “condizione non razionale”: le decisioni, soprattutto quelle che riguardano le scelte di vita, sono fortemente influenzate e addirittura spinte e sostenute dall’emotività. Non è sufficiente che ci siano ottime “ragioni” per cambiare: lo sa bene chi dovrebbe mettersi a dieta, o fare esercizio fisico più regolarmente, o smettere di fumare, o essere più calmo alla guida, o studiare di più. Ci vuole qualcosa che spinga o attiri verso il cambiamento da un altro punto di vista, più vicino al “sentire” e alle emozioni.
  2. La motivazione non è stabile: cambia e fluttua nel tempo, a seconda dell’umore, degli stimoli, dei pensieri che involontariamente vengono in mente, degli accadimenti. E cambia e fluttua non intenzionalmente, ma secondo meccanismi psicologici prevalentemente non consapevoli. 
  3. La motivazione va “ricreata” costantemente non solo nella persona ma anche nel suo ambiente: basti pensare alla pressione positiva o negativa che può avere il contesto su una persona che si è messa a dieta, rispettando o svalutando il suo proposito, commentando positivamente i cambiamenti iniziali e parziali oppure sottolineando quanto minimo sia il cambiamento ottenuto rispetto al gran lavoro ancora da fare.
  4. La motivazione è un processo che attraversa diverse fasi che possono andare sia verso una maturazione e un consolidamento della motivazione stessa sia tornare indietro su posizioni più incerte, deboli e dubbiose.
  5. La motivazione è una dimensione ambientale o sistemica: la singola persona ci mette una parte importante, ma le relazioni interpersonali e le condizioni del contesto hanno una forte influenza. Questo rende ragione del fatto che il mix di componenti interne o esterne della motivazione può variare e che si può andare da un estremo in cui la persona può prendere decisioni anche da sola contro tutto ad un altro estremo in cui gli altri decidono sostituendosi completamente alla persona.

Il riconoscimento del risultato ottenuto

L’effetto del riconoscimento dei risultati ottenuti e dell’incoraggiamento è importantissimo per due aspetti che sostengono la motivazione: la stima di sé (paradossalmente, una persona non è spinta a “migliorare” se non pensa di essere già una persona che ha valore) e il senso di potercela fare (autoefficacia, fiducia nelle proprie possibilità di affrontare risolvere i problemi). 

Ma anche qui c’è un aspetto su cui il contesto ha una influenza rilevante: che cosa è un risultato? Nel caso delle dipendenze, ad esempio, il fatto che una persona con problemi di addiction riesca ora a stare costantemente in un rapporto di cura mentre prima non ci riusciva è un “risultato” anche se non è cambiato nulla nella sua addiction oppure no? Va valorizzato questo aspetto, in termini di investimenti motivazionali, oppure va sottolineato che “non è cambiato niente” nell’addiction, confermando implicitamente che non si sta facendo niente di utile?

La scelta da parte del contesto dell’atteggiamento verso i risultati parziali ottenuti ha una profonda influenza “profetica” (se si è negativi, è più facile che le cose vadano male: “profezie che si autoavverano”), ma a sua volta è influenzata da elementi non razionali. Anche chi è relazionalmente vicino ad una persona con problemi di addiction, può essere influenzata nel suo giudizio dalla stanchezza per la situazione, dalla paura che non se ne possa uscire, dalla rabbia o dal dolore per quello che deve sopportare: questi stati d’animo richiedono attenzione e aiuto sia per la persona che li prova sia perché influiscono, più o meno consapevolmente, in modo negativo sul trattamento. 

Ragioni ed emozioni

Va sottolineato che gli stati d’animo trovano anche delle “ragioni”, che in effetti ci sono, ma ciò che li alimenta sono le emozioni: stanchezza, paura, rabbia, dolore. 

Non è facile comprendere bene ed accettare questo aspetto che invece è di fondamentale importanza per capire le difficoltà motivazionali di una persona con problemi di addiction.

Ad esempio: la stanchezza richiede risposte rapide, perchè ha bisogno di essere alleviata. Ma se la risposta rapida non è immediatamente praticabile come si vive la situazione? Quando si ha molta fame si può anche considerare razionalmente che per far cuocere la pasta deve prima bollire l’acqua, ma come si sta nel frattempo? Qualcuno può riuscire a tranquillizzarsi, sapendo che sta facendo qualcosa per cui potrà saziarsi, altri possono trovare la situazione un tormento: l’attitudine a essere fiduciosi o a disperarsi non deriva dal fatto oggettivo che l’acqua per bollire deve raggiungere i 100 gradi, ma dalla regolazione emotiva di ognuno.

Lo stesso vale per tutte le emozioni in gioco: ad esempio, la paura che non si possa cambiare la situazione non è un dato di fatto logico perché riguarda una previsione sul futuro, è una previsione sostenuta dall’ansia. A quel punto, se l’ansia prende il sopravvento, è difficile che si prendano buone decisioni.

È quindi molto importante essere consapevoli o farsi aiutare a riconoscere le componenti emotive non solo della persona interessata ma anche quelle che sono presenti nel contesto in cui vive la persona per cui si vorrebbe il cambiamento.

Gli stadi della motivazione

Veniamo ora ad aspetti che riguardano più direttamente la persona che deve cambiare. Una schematizzazione molto accreditata in psicologia considera X stadi motivazionali. Secondo questa autorevole visione la persona può trovarsi in una fase chiamata

Precontemplazione

In questa fase la persona non ammette assolutamente (magari anche in buona fede) di avere un problema. Il problema è visto solo dagli osservatori esterni. 

La persona interessata può sentirsi infastidita dalle osservazioni degli altri, che vive come intrusivi perché vogliono cambiare la sua vita. Ovviamente rifiuta ogni proposta di cambiamento, dato che non vede che cosa dovrebbe cambiare. 

In questa fase, è chiaro che non ci si può proporre di lavorare sull’addiction: l’obiettivo dell’intervento diventa necessariamente ottenere la collaborazione della persona, che parte dal suo riconoscimento del problema. Con diversi strumenti e con adeguate tecniche relazionali, si deve tentare di “far cambiare idea” alla persona.

Contemplazione

Se il lavoro ha successo, è probabile che l’atteggiamento successivo sia “va bene, ho un problema, ma tanto che ci posso fare?”. La persona riconosce quindi che ci sarebbe qualcosa su cui interventire, ma ritiene o che non si possa fare nulla, o che non ne valga la pena, o che sia troppo difficile. Non ha quindi intenzione di darsi da fare. I sentimenti prevalenti possono essere la paura di non farcela, la paura di come si potrebbe sentire, la paura della ricaduta e della delusione. La persona quindi si “difende” dalla paura arroccandosi sul “tanto non si può fare niente”.

Anche in questa fase, il lavoro non può puntare direttamente all’intervento sull’addiction, ma deve “mettere in movimento” una persona piantata saldamente sulle sue posizioni di difesa. Ci sono diverse strade che si possono percorrere per incoraggiare la persona e cercare di farle cambiare atteggiamento.

Preparazione

Se la persona si sente rassicurata, comincia a prendere in considerazione che cosa potrebbe fare per cambiare la sua situazione. Non agisce ancora, ma comincia a rappresentare nella sua psiche il fatto di fare qualcosa. Questo è il momento in cui si può cominciare a parlare con l’interessato degli interventi concretamente e direttamente rivolti all’addiction: si trova in una fase in cui ha bisogno essenzialmente che qualcuno gli prospetti qualcosa di praticabile, di possibile, su misura per lui. In questa fase si sviluppa un’alleanza di lavoro più operativa.

Azione

A questo punto la persona si mette in azione. L’addiction viene affrontata e, per tentativi successivi, si mette a punto un sistema che permette alla persona il cambiamento. I risultati intermedi, positivi e negativi, devono essere utilizzati per rimodellare il trattamento per sostenere l’incoraggiamento e le motivazioni.

Va tenuto presente che non è sufficiente che le motivazioni siano chiare e solide all’inizio della cura, ma devono essere sempre costantemente rinfrescate e aggiornate. Alcune di esse non saranno più attuali e se ne scopriranno di nuove.

Mantenimento

Una volta raggiunta una situazione di equilibrio soddisfacente, il nuovo stato va mantenuto, perché una ricaduta è sempre possibile. L’intensità dell’intervento può essere ridotta, ma per un certo tempo, indicativamente un anno, è necessario che periodicamente si verifichi che la situazione sia consolidata. In questo periodo il lavoro motivazionale si basa sulla conferma empatica, sull’incoraggiamento e sull’enfasi della soddisfazione per la nuova progettualità.

Motivare a…

Come sopra evidenziato con il grassetto, la motivazione non è mai a se stante, ma è sempre in relazione con qualcosa, è “motivazione a…”.

E non è un processo solo spontaneo, ma sempre frutto di una interazione: l’intervento esterno, se non corretto, non solo può non aumentare la motivazione, ma anche ridurla.

Quindi si deve motivare a cambiare visione del problema, motivare ad un atteggiamento più fiducioso, motivare a lavorare insieme per l’obiettivo condiviso, incoraggiare, dare conferme.

Lo sviluppo della motivazione dipende molto da come si predispongono il contesto e il sistema di cura.

Motivazione e “miracoli”

La ricerca di soluzioni miracolose avviene con due presupposti: il primo è che si pensa che il problema sia di enorme difficoltà, quasi disperato; il secondo è che si vuole aggirare la volontà personale perché debole o assente.

Il “miracolo”, in ambito terapeutico, è un corto circuito che vorrebbe tagliare via le difficoltà. La tecnica sperimentale, il superspecialista, il farmaco innovativo: accendono una speranza irrealistica che si fonda, a proposito di motivazione, ben poco su ragionamenti logici e molto su aspettative salvifiche di tipo supersitizioso. Quello che succede di norma, è che dopo aver provato ad ottenere il miracolo, si debba tornare con maggiore realismo a fare i conti con gli elementi realtà, primo di tutti la motivazione al cambiamento.