SCHEDE PSICOEDUCAZIONALI SULL’ADDICTION
Schede informative per comprendere meglio la dipendenza da droghe
e i comportamenti di dipendenza

Le domande

Qual è il modo “giusto” di vedere la tossicodipendenza? In generale, come vengono visti i tossicodipendenti, che sentimenti suscitano, che reazioni provocano?

Si tratta di domande molto importanti perché sono il punto di partenza per qualsiasi discorso sulla dipendenza. Dalle risposte a queste domande deriva il modo in cui si pensa di dover affrontare il problema e di poter intervenire verso il tossicodipendente.

La tossicodipendenza come cosa estranea alla “normalità”

In genere si pensa che la tossicodipendenza sia qualcosa di assolutamente lontano dalla vita di una persona “normale”. La si pensa come qualcosa di incomprensibile, inspiegabile, estraneo, alieno. 

Tuttavia, la nostra mente non riesce a considerare qualcosa, anche se è un oggetto sconosciuto, senza cercare di darle un senso, di spiegarsi che cosa sia. Questo meccanismo è automatico e inevitabile, perché la sensazione di avere di fronte qualcosa di sconosciuto e inspiegabile suscita disagio e insicurezza. In psicologia il meccanismo si chiama “ancoraggio”: quando si ha di fronte un qualcosa di nuovo e ignoto, si cerca nella propria memoria una somiglianza e quando la si trova si “ancora” l’oggetto sconosciuto a quella precedente conoscenza. Chiarificatrice è la nota storiella dei ciechi che non sanno cos’è un elefante e cercano di capirlo toccandolo: chi tocca la zampa dice che l’elefante è come una colonna; chi tocca l’orecchia dice che è come un ventaglio; chi tocca la proboscide dice che ricorda un serpente. Alla fine, crediamo di sapere che cosa è ciò che abbiamo di fronte perché riusciamo a collegarlo a qualcosa che già conosciamo. Penseremo davvero, come uno dei ciechi, che l’elefante sia una specie di serpente e saremo pronti a difendere la nostra convinzione con appassionati argomenti.

La sensazione di sicurezza che dà la convinzione di conoscere ciò che abbiamo di fronte è irrinunciabile e talmente importante per l’equilibrio personale che la difenderemo da ogni dubbio e da ogni critica. Si consolidano così le diverse visioni del mondo e si creano le divisioni in gruppi che la pensano in modo contrapposto, ognuno convinto di essere più vicino al vero degli altri.

I punti di vista comuni e diffusi

Se la tossicodipendenza ci tocca solo in astratto e non si è interessati a capirla a fondo, facilmente si assume, a seconda della propria sensibilità e della propria cultura, uno dei punti di vista più comuni e che dominano la comunicazione dei mass media, tutti riconducibili a tre posizioni:

  1. La dipendenza vista come una debolezza di carattere, un vizio, un difetto dell’educazione.
  2. La dipendenza vista come una intossicazione dell’organismo ad opera delle droghe.
  3. La dipendenza vista come il tentativo personale e inadeguato di alleviare disagi, sofferenze, traumi, povertà.

Ognuno di questi punti di vista comporta delle conseguenze sulle reazioni, sull’atteggiamento e sulle cure considerate “giuste” per la tossicodipendenza. 

La dipendenza vista come vizio

In effetti, il comportamento di un tossicodipendente può assomigliare a quello di un vizioso: la droga procura piacere e per quel piacere viene trascurato ogni dovere verso la famiglia, lo studio, il lavoro. Le attività utili vengono trascurate per dedicarsi alla droga e questo comportamento viene ripetuto e continuato anche quando provoca danni e sofferenza, dimostrando egoismo e irresponsabilità.

Se la tossicodipendenza è vista in questo modo, la conseguenza è che il “tossico” dovrà essere rieducato, dovrà prendere coscienza dei danni che sta provocando a sé e agli altri, riallinearsi ai valori più importanti come il senso di responsabilità e del dovere, adottare comportamenti adeguati e riprendere le attività più utili. Per ottenere questo risultato bisognerà sostenerlo con un controllo molto stretto, fare in modo che interrompa le frequentazioni di luoghi e di persone non adatte e che le sue giornate siano ben organizzate e piene di attività sane (“l’ozio è il padre dei vizi”) e confrontarlo frequentemente con il suo modo di condursi. Gli verrà richiesto di accettare le regole che gli vengono date, affidandosi a chi gli può dire come è meglio vivere ogni aspetto della sua vita: non solo la tossicodipendenza sarà oggetto di osservazione, ma anche come lavora o studia, come si diverte, che amici ha, come vive la sessualità, come mangia. Il modello dell’uomo virtuoso diventa l’obiettivo contrapposto al vizio. Molto spesso, in questa prospettiva, si ritiene indispensabile che il tossicodipendente venga accolto in una comunità, dove tutte le funzioni di confronto e controllo possono essere svolte in modo più efficace.

Il cambiamento viene verificato con l’osservazione del comportamento: l’adesione alle regole dell’ex tossicodipendente rende evidente la sua adesione al nuovo modello di vita, anche se non si può mai avere la certezza di quanto il modello sia stato davvero interiorizzato e fatto proprio e non sia in realtà un modo astuto per riconquistare la “libertà” e tornare a drogarsi.

La dipendenza vista come intossicazione

Però è anche evidente che le droghe sono sostanze chimiche che hanno effetti tossici sull’organismo e questo è dimostrato dalla crisi di astinenza: l’interruzione dell’assunzione di droga produce effetti drammatici, nel caso dell’alcol addirittura letali. Inoltre, sono comuni i disturbi del sonno, la depressione dell’umore o la rabbia, la debolezza fisica, l’inappetenza; gli esami del sangue confermano spesso danni al fegato, ai reni, anemia; gli esami cardiologici e neurologici possono evidenziare problemi al cuore e ai nervi periferici. Insomma, è chiaro che chi assume droghe presenta un quadro di intossicazione. Una forma moderna di questa visione si concentra in particolare sugli effetti sul cervello, dove le droghe modificano il funzionamento di alcuni centri nervosi.

Concentrare l’attenzione sulla tossicità delle droghe porta a considerare di primaria importanza la disintossicazione, con l’aspettativa che così si torni ad un funzionamento fisiologico e sano che permetta alla persona di ricominciare a funzionare bene e liberata dalla droga. 

L’obiettivo sarà superare la crisi di astinenza e depurare gli organi con apposite cure, spesso in regime di ricovero, e con regole di vita igieniche (dieta, idratazione, integratori vitaminici, esercizio fisico). Naturalmente, ci si aspetta che il paziente, restituito alla normalità fisiologica, possa riprendere un funzionamento “normale”.

La dipendenza vista come conseguenza di disagi e povertà

Nella storia personale di molti tossicodipendenti è possibile riscontrare situazioni di malessere. Possono esserci state difficoltà in famiglia, come genitori trascuranti o gelosia per i fratelli e a volte storie di abuso; si può riscontrare una storia di bullismo subito o di frequentazioni di compagnie devianti; oppure ancora un carattere introverso o un aspetto fisico non piacente o non prestante possono aver generato difficoltà di aggregazione, relazionali e sentimentali; o ancora condizioni finanziarie sfortunate, la mancanza di prospettive di lavoro e di realizzazione, condizioni sociali vissute come ingiuste possono aver creato difficoltà di inserimento sociale. 

Rilevare la presenza di queste (e molte altre) condizioni di svantaggio e vulnerabilità può portare a considerare che la persona abbia poi trovato nella droga o un modo di esprimere il suo disagio o un modo di alleviare il suo malessere, soffocandolo con gli effetti delle sostanze. A volte si ritiene che la persona abbia preferito (ovviamente in modo inconscio) diventare un tossicodipendente piuttosto che sviluppare dei disturbi psichiatrici e esporsi a un fallimento esistenziale magari ancora peggiore: in fondo, si pensa che il tossicodipendente, se smette di drogarsi, abbia la possibilità di fare una vita normale, cosa molto più difficile per i pazienti psichiatrici.

La tossicodipendenza è vista come un sistema di compensazione, una conseguenza di altre cause che andranno rimosse. Gli interventi saranno quindi finalizzati a rimediare agli svantaggi e a rinforzare i punti deboli e le vulnerabilità, individuali o sociali, con l’aspettativa che rimossa la causa primaria anche la tossicodipendenza si risolva.

Pre-comprensioni

I punti di vista sulla tossicodipendenza illustrati sopra possono essere chiamati pre-comprensioni: sono cioè il modo di comprendere la tossicodipendenza che ognuno di noi ha assunto come propria chiave di lettura e che applica ai casi che vengono alla sua attenzione quando legge il giornale, ascolta la TV, parla di una situazione con altri. Queste comprensioni vengono prima che siano disponibili altri elementi di giudizio: e in effetti giornali, TV e chiacchere non hanno sempre l’obiettivo di comprendere dopo aver capito, quanto piuttosto quello di commentare le cause e esprimere opinioni e giudizi a prescindere dall’aver compreso.

Delle tre pre-comprensioni, la più resistente ad ogni possibile critica o dubbio è la prima: infatti, se la disintossicazione fallisce e la persona disintossicata torna ad usare droga, si può pensare che se lo voglia proprio; allo stesso modo, se dopo aver investito risorse per risolvere la causa primaria la persona continua a drogarsi, beh, allora è proprio un vizioso. Il giudizio sulla (cattiva) volontà del tossicodipendente è sempre pronto a saltare fuori, accompagnato dalla certezza che “se solo lui volesse davvero” potrebbe farcela a smettere.

Anche lui la pensa così…

Queste convinzioni sono talmente radicate nella nostra cultura collettiva che perfino i tossicodipendenti le condividono; anche loro pensano che se ci mettessero la buona volontà con una disintossicazione o con un aiuto per il lavoro o per qualche altra necessità potrebbero smettere. Se non ce la fanno, pensano che è perché in realtà non erano davvero convinti e si incoraggiano dicendosi che “questa volta sono davvero deciso e quindi non fallirò”.

Concentrarsi sulla volontà è molto comodo per il tossicodipendente e per chi se ne occupa: mette al centro qualcosa che è chiaro, semplice, logico e coerente con la massima “volere è potere”. Se si vuole una cosa, basta lavorare duro e la si ottiene; se non la si ottiene è perché non si è lavorato abbastanza duramente.

…ma purtroppo non è così. E allora?

Purtroppo non è così e non solo nella tossicodipendenza, ma in molte condizioni di salute e anche in altri campi: riuscire a cambiare la propria condizione non dipende solo dalla volontà ma da molti altri fattori e opportunità, come ci insegnano le esperienze della vita.

Allora quali sono gli elementi che dobbiamo considerare per comprendere meglio la tossicodipendenza e poterla affrontare in modo più corretto, adeguato, efficace? Come possiamo comprendere le cause iniziali e le ricadute? Quali domande dobbiamo farci?

Il percorso per riuscire a comprendere meglio la tossicodipendenza è appena iniziato. Non è lunghissimo, ma richiede un po’ di pazienza: nelle prossime schede discuteremo tutti i punti fondamentali per metterci sulla strada giusta.