La dipendenza patologica è una patologia in rapida crescita sempre più inscritta nella nostra società caratterizzata dalla precarietà, dall’incertezza, dalla liquidità dei rapporti umani, dalla noia, dalla desensibilizzazione corporea e dalla necessità costante di fornire prestazioni rapide ed efficaci.
Un elemento indicativo del livello di gravità di una dipendenza patologica è allora la presenza/assenza di legami umani residuali, la centralità oppure la latitanza del contatto relazionale in una vita sempre più dominata da surrogati chimici e tecnologici.
Ciò che caratterizza una sostanza d’abuso o un comportamento compulsivo, infatti, è proprio la sua capacità di risucchiare all’individuo tempo ed energie abitualmente dedicate ad attività lavorative, affettive e sociali.
Come uscire dalla dipendenza?
Di fronte alla richiesta di un percorso terapeutico si pongono sostanzialmente due possibili alternative di trattamento: la residenzialità oppure la cura ambulatoriale.
Prima però di decidere quale via percorrere è opportuna una diagnosi del tipo di dipendenza e una valutazione di gravità.
Una volta chiariti questi due aspetti il passo successivo è condividere con la persona quale è il percorso terapeutico percorribile. In tutti i casi non si può costruire un progetto terapeutico senza un accordo che definisce chi fa che cosa e qual è il ruolo del diretto interessato nel percorso di terapia.
Per smettere di essere dipendenti: ricovero o cura ambulatoriale?
Storicamente la cura delle dipendenze patologiche, in misura maggiore rispetto ad altre problematiche emotive e psicologiche ugualmente invalidanti, è stata affrontata con una permanenza, più o meno lunga, in un centro residenziale (comunità terapeutiche). Questa scelta risponde ad esigenze molto semplici:
il craving (il desiderio irrefrenabile non controllabile dalla volontà) è molto forte per cui è difficile lavorare produttivamente in un ambulatorio
la situazione generale è talmente compromessa che l’unica possibilità per riprendere il controllo della situazione è uno stacco totale dall’ambiente in cui si è strutturata
Ovviamente anche la residenzialità non è immune da controindicazioni: periodi più o meno lunghi di alienazione dalla propria vita affettiva e lavorativa sono spesso difficili da accettare per queste persone per cui sono frequenti gli abbandoni (drop-out) o le overdose appena “liberi”.
In questi casi la sensazione paradossale che la persona sperimenta è che la cura può essere più dolorosa della malattia e, di fronte ad una sofferenza per lui incoercibile, decide di interrompere il percorso terapeutico.
Uscire dalla dipendenza: la cura ambulatoriale
Il trattamento ambulatoriale consente alla persona di non interrompere i suoi legami familiari e lavorativi. Ciò non esclude il fatto che, in presenza di situazioni particolarmente delicate, si opti per un periodo di ricovero breve presso una struttura residenziale.
Ma quali sono gli aspetti centrali alla base di un trattamento ambulatoriale?
- La volontà di non sradicare il cliente dal suo contesto di vita “normale”
- La sostituzione del mito della guarigione magica con l’idea di una cura che tenga conto dei bisogni, delle criticità ma soprattutto delle risorse di ciascuna persona
L’obiettivo di questo trattamento è accompagnare la persona ad affrontare la sua vita, a vivere le relazioni con gli altri e a gestire le possibili crisi o le ricadute senza sottometterlo ad un’autorità inflessibile e indiscussa alla quale delegare la propria capacità di scelta.
Sempre anche in un regime ambulatoriale, la persona sottoscrive un patto terapeutico con l’equipe. Patto che si può modificare o interrompere in qualsiasi momento senza ricatti emotivi, pressioni o ingerenze di sorta.
Quindi è meglio il ricovero o la cura ambulatoriale?
In sintesi il trattamento residenziale e ambulatoriale sono opzioni entrambe percorribili di fronte ad una problematica di dipendenza patologica, ciascuna con i propri vantaggi e le proprie criticità. Solo dopo una appropriata diagnosi clinica e una valutazione di gravità è possibile scegliere liberamente il percorso terapeutico più appropriato per la persona.
La Redazione
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