Causa e effetto, vettori e risultante

Il modo più semplice e “naturale” di considerare una malattia o qualsiasi altro evento in generale consiste nel ragionare in termini di causa ed effetto; di solito si cerca qualcosa che possa aver determinato l’effetto, magari come causa unica. È un modo di pensare che considera gli accadimenti “messi in fila” uno dopo l’altro e collegati l’uno all’altro. In questa logica lineare, di solito la causa deve essere proporzionale all’effetto: si pensa che ci vada un motivo importante perché si verifichi un fatto importante.

Purtroppo, la realtà non è così: spesso le cause sono oscure, oppure molteplici, oppure non sembrano così rilevanti e spesso il quadro è abbastanza confuso. 

Nelle vicende reali, quando ci si interroga sul “perché”, troviamo spesso che i motivi che hanno determinato un fatto sono molti: se si prova a rispondere a domande come “perché fai quel lavoro?” o “perché hai sposato quella persona?” ci si rende conto subito che i fattori in gioco sono molti e che alcuni di essi, magari determinanti nella vicenda, possono essere legati a circostanze fortuite. 

Nella dipendenza le cose non sono diverse: la dipendenza è il risultato di numerosi fattori che si rinforzano o si neutralizzano a vicenda; i rapporti di forza tra i diversi fattori determinano la risultante.

È importante, per comprendere davvero la persona con problemi di dipendenza e prepararsi ad intervenire in modo adeguato, pensare senza preclusioni e prendere in considerazione tutto ciò che può avere un ruolo determinante o favorente, così come tutto ciò che può invece avere un ruolo deterrente e sfavorente. Ci si deve abituare a pensare in modo complessivo, evitando semplificazioni illusorie, un modo che faciliti davvero la comprensione dei problemi, che a sua volta è la chiave per gestirli in modo vantaggioso.

La persona, l’oggetto della dipendenza, l’ambiente

È possibile ricondurre i diversi fattori in gioco nello sviluppo della dipendenza a tre grosse aree: le caratteristiche della persona, le caratteristiche di ciò da cui si dipende (una sostanza, o anche un comportamento, come il gioco d’azzardo) che per comodità chiameremo da adesso in poi “oggetto” della dipendenza e le condizioni ambientali.

LE CARATTERISTICHE DELLA PERSONA

In questa area troviamo elementi di tipo biologico e psicologico. 

Potrebbe sembrare banale dirlo, ma per diventare dipendenti da una sostanza bisogna poterne sperimentare gli effetti: bisogna cioè avere le strutture biologiche necessarie per recepire lo stimolo della sostanza. In effetti, anche verso le droghe esistono i “non responders”, cioè soggetti che non provano nessun effetto quando assumono una particolare sostanza; sono circa il 20% degli sperimentatori e sono protetti naturalmente dalla dipendenza da quella specifica droga perché non ne sono stimolati.

Inoltre, ci sono i fattori biologici legati all’ereditarietà: avere in famiglia persone con problemi di dipendenza o anche psichiatrici aumenta la probabilità di diventare dipendente per dei meccanismi genetici. I meccanismi ereditari sono probabilistici, quindi non hanno conseguenze certe, ma aumentano il rischio.

Sul piano psicologico conta la propensione a sperimentare cose nuove e la disponibilità a rischiare. Questa propensione, a sua volta, può essere alimentata da sentimenti negativi (“sto male, provo a vedere se posso stare meglio”; oppure “sono arrabbiato, mi ribello”) o da sentimenti positivi (“che bello, una cosa nuova, proviamo anche questa!”).

Contano anche credenze e convinzioni: “lo fanno tutti e si divertono”, “farlo è normale” oppure “provo solo una volta per curiosità e poi smetto quando voglio”. In questo caso, la curiosità che soprattutto negli adolescenti è sana e li porta a immaginare il futuro oppure l’oppositività al mondo degli adulti che utilmente spinge a staccarsene e a cercare un proprio modo di essere vengono orientate da circostanze ambientali (si veda più avanti) verso l’assunzione di droghe.

Ovviamente, anche situazioni critiche come maltrattamenti, abusi, traumi, eventi di vita drammatici, famiglie infelici e conflittuali, disturbi psichici rendono la persona più vulnerabile sul piano psicologico all’effetto consolatorio e confortante delle droghe.

Le droghe, quindi, possono essere utilizzate dalla persona per gestire e modulare il proprio stato d’animo, che può essere molto vario: stati d’animo diversi possono portare allo stesso risultato. Ciò significa che per ogni persona va compreso in modo approfondito lo specifico modo di essere e di pensare e che non c’è un modo di essere dipendenti che sia uguale all’altro.

L’OGGETTO DELLA DIPENDENZA

Molte sono le cose piacevoli o confortanti nella vita, ma non tutte possono indurre dipendenza. Perché uno stimolo (solitamente una sostanza, ma anche alcune condizioni come l’eccitazione per il gioco d’azzardo) produca dipendenza deve fare una cosa precisa: stimolare il rilascio di Dopamina in una parte del cervello, il Nucleo Accumbens. Questo rilascio di Dopamina ha una serie di effetti fisici e psichici che strutturano la dipendenza e ne specificano le caratteristiche.

La sensazione che una sostanza possa produrre grandi cambiamenti nel proprio organismo e nel proprio stato d’animo può legare profondamente la persona all’oggetto della dipendenza, perché dà l’illusione di avere trovato un modo per controllare il proprio essere: si dice che la dipendenza sia un tentativo di manipolare la propria emotività, superando gli stati negativi per ottenere a comando sollievo e senso di soddisfazione senza bisogno d’altro.

Va ricordato che anche gli effetti biochimici di una sostanza non sono assoluti; come già detto dipendono dalla costituzione biologica della persona: c’è chi risponde molto, chi poco, chi niente. Ma in più dipendono anche dalle aspettative della persona, dalle sue credenze, dalla sua rappresentazione, dalle anticipazioni e dalla suggestione (effetto placebo). Come per un qualsiasi oggetto di consumo, i “consigli per gli acquisti” influenzano le attese del consumatore. In questo modo le attese precostituite possono potenziare gli effetti della droga ed estenderli ad altri significati. Fa parte dell’esperienza comune che i ragazzini provino a fumare sigarette per sentirsi “più grandi”: con questa aspettativa, oltre che per l’effetto biochimico del tabacco, il legame con le sigarette può saldarsi per la sensazione euforizzante di fare qualcosa da adulto e per il valore comunicativo e simbolico che ha sul senso di identità.

L’AMBIENTE

L’interazione tra soggetto e oggetto della dipendenza avviene in un ambiente che non è solo uno scenario inerte, ma ha un ruolo determinante e attivo sul risultato dell’interazione stessa.

Dobbiamo considerare sia il microambiente, la famiglia e la cerchia dei rapporti più stretti, sia il macroambiente, quello sociale e pubblico.

Il clima familiare, che può essere trascurante o molto attento, freddo e affettivamente povero oppure caldo e rassicurante, può favorire o meno il legame con la droga. Questo avviene perché ogni essere umano ha necessità di sicurezza e calore emotivo per mantenere il suo equilibrio: le droghe possono produrre chimicamente quella sensazione, occupando uno spazio affettivo (certo, illusorio) lasciato vuoto da una famiglia disfunzionale.

Il gruppo degli amici stretti ha una notevole influenza nell’adolescenza: il giudizio del gruppo può influenzare notevolmente il singolo, orientandone le decisioni. L’interazione del mondo degli adulti con i gruppi di adolescenti è di fondamentale importanza: la capacità dei genitori e degli insegnanti a scuola di vedere, ascoltare, capire e intervenire è un elemento critico che può costituire un bivio importantissimo nella strada verso la dipendenza.

Il mondo adulto è tirato in causa anche nella definizione del macrocontesto sociale, attraverso la cultura sociale, lo stile di vita considerato desiderabile, i meccanismi delle istituzioni, i rapporti di potere, le norme e le leggi, le possibilità di affermazione di sé, il livello di aggressività collettiva. Come è facile intuire e come molti Autori hanno approfonditamente spiegato, la società occidentale ha attualmente un modo di vedere la vita molto vicino a quello tossicomanico: il successo è misurato dal valore economico, l’insuccesso è una colpa personale, accontentarsi sembra togliere valore alla vita; il mito della nostra società è la possibilità di raggiungere il massimo risultato senza per forza avere un valore personale, senza bisogno di acquisire competenza, senza applicazione né sforzo e immediatamente. Dal modello speculativo-finanziario che prevale su quello economico-produttivo, al sistema dei mass media e dei social per cui se non appari non esisti, la pressione sociale verso mercati “drogati”, bolle speculative, ascesa e declino di star e influencer costituisce un terreno fertile per l’alienazione dei rapporti interpersonali autentici e per il ricorso alle droghe. La classe politica e i rappresentati delle istituzioni cruciali e in particolare della scuola non sono spesso nella possibilità e neppure all’altezza di contrastare una tendenza di cui anch’essi sono espressione. E gli eventi globali, come l’attuale pandemia da COVID, aumentano l’insicurezza e la paura del futuro: non è facile pensare ad un progetto di vita “sano” in queste condizioni.

Va ancora ricordato che il fattore ambientale più ovvio è la disponibilità di droghe: senza droghe, non ci sono dipendenze. Questa affermazione non evoca il proibizionismo, che non riesce a impedire il traffico illecito e quindi non riesce a creare un mondo senza droghe, ma richiama solo la realtà. Il nostro è un mondo in cui, per interessi enormi, le droghe sono un settore economico potentissimo sia a livello di produzione e smistamento, sia a livello di diffusione capillare. Comunque la si pensi, nel nostro mondo la droga c’è, costa poco e può essere reperita facilmente a qualsiasi ora del giorno e della notte: i profitti sono tali che vengono sfidate leggi e norme. Certamente questo fatto non basta da solo, ma unito ad altri fattori rende concretamente possibile la dipendenza.

Il microambiente può compensare le inadeguatezze del macroambiente, ma nella situazione attuale deve lavorare in controtendenza, senza il supporto di una matrice sociale generale, rendendo il compito alla famiglia e agli educatori molto difficile.

Comporre il mosaico

I fattori che possono favorire (o sfavorire) lo sviluppo di una dipendenza sono molteplici, complessi e interagiscono tra di loro. Le caratteristiche personali influenzano gli effetti delle droghe e sono influenzate dall’ambiente; le droghe modificano la persona con la loro azione e costituiscono una merce che produce enormi profitti spostando equilibri sociali e geopolitici; l’ambiente condiziona la formazione psicoaffettiva della persona, le sue mete, i suoi valori e i suoi strumenti psicologici e culturali per difendersi dall’addiction e a sua volta è costituito dalle persone e condizionato dai loro progetti di vita.

Comprendere le cause della dipendenza richiede quindi, in ogni singola situazione, una analisi approfondita e attenta di tutti i fattori, micro e macro, che possono avere un ruolo nel suo sviluppo e soprattutto, una comprensione sintetica delle interazioni tra i diversi fattori. Il lavoro diagnostico richiede quindi tempo e dedizione, capacità di interrogare e di interrogarsi, visione complessiva e attenzione ai particolari. Un lavoro paziente che richiede la collaborazione del paziente e della sua famiglia indispensabile per mettere le basi di una cura che possa dare risultati positivi.

Domande fondamentali

In realtà, la domanda fondamentale non riguarda solo le cause che hanno indotto la dipendenza, ma soprattutto quelle che la mantengono attiva. Perché anche quando è diventata un problema, è controproducente e sta danneggiando la vita personale non si riesce a smettere?

Emanuele Bignamini