Schede informative per comprendere meglio la dipendenza da droghe e i comportamenti di dipendenza

L’adolescenza è uno stadio dello sviluppo filogeneticamente nuovo e proprio del genere Homo: è una fase della vita che si prolunga per alcuni anni e che non è riconoscibile in altre specie animali.

L’Uomo, infatti, è l’unica specie che nella sua evoluzione ha sviluppato la capacità non solo di adattarsi all’ambiente per sopravvivere, ma anche di modificare l’ambiente stesso per potersi adattare più facilmente; questo ha richiesto uno sviluppo del Sistema nervoso centrale (corrispondente ad un aumento della massa del cervello) che fornisse l’hardware per apprendere relazioni sociali più complesse, assimilare tecnologie più sviluppate e sviluppare abilità di cooperazione e competizione in gruppo.

Inoltre, l’adolescenza, sul piano della protezione della specie, rappresenta una fase in cui il figlio, anche se non ancora adulto, può già aiutare la madre nella cura dei fratelli più piccoli permettendole di iniziare nuove gravidanze e di favorire l’aumento della popolazione, migliorando le possibilità di sopravvivenza del gruppo.

In questa fase avvengono notevoli cambiamenti sia interni sia esterni, che sono da una parte tumultuosi e improvvisi, dall’altra durano diversi anni.

Sul piano interno i cambiamenti avvengono in tutto il corpo e in particolare sul piano sessuale e neurologico. In adolescenza si verifica uno sviluppo dei centri nervosi sottocorticali, deputati al comportamento rapido e emozionale, più veloce rispetto a quello dei centri corticali, che svolgono funzioni di controllo e razionali, il che favorisce l’impulsività, l’assunzione di rischi, la spinta esplorativa, tutte caratteristiche necessarie per il processo di allontanamento dalla sicurezza familiare e per la conquista dell’autonomia. Inoltre, il sistema mesolimbico dopaminergico (che è direttamente implicato nell’addiction) è più reattivo negli adolescenti rispetto sia ai bambini sia agli adulti di fronte a stimoli gratificanti di diverso tipo, diretti (come ad esempio le cose che danno un piacere sensoriale immediato, ad esempio gli alimenti dolci), indiretti (come gli oggetti che hanno un valore simbolico e gratificano perché consolidano il senso di identità, come i vestiti o il denaro) e sociali (come il riconoscimento e il successo nel gruppo). 

La maturazione ormonale accompagna e spinge questa tendenza, proponendo sia tematiche sulla propria identità sia pulsioni che spingono verso l’altro, mettendo in evidenza la necessità di ottenere la soddisfazione dei propri bisogni nella relazione interpersonale; questo aspetto rende chiara la condizione di dipendenza della propria felicità dalla risposta dell’altro, sollevando un problema: come faccio ad indurre l’altro a rispondere positivamente alle mie necessità? Le risposte si declinano in modi diversissimi, dal ritiro scoraggiato (“l’altro non mi darà mai soddisfazione”), alla aggressività sia verso i concorrenti sia verso la persona desiderata, alla ricerca di “tecniche” seduttive per manipolare le risposte dell’altro, alla capacità di sviluppare empatia e simpatia in un rapporto di fiducia generativo. Il tipo di risposta elaborato in questa fase sarà un elemento fondamentale della personalità dell’adulto.

Sul piano esterno in adolescenza si passa dagli scambi individuali tipici dell’infanzia alla cooperazione nel gruppo e tra i gruppi. Il gruppo richiede la capacità di tollerare la presenza e la vicinanza dei soggetti dello stesso sesso, che possono competere per le stesse risorse, e quindi la capacità di inibire le tendenze aggressive e una continua ridefinizione della distanza interpersonale. Il gruppo, dunque, può essere una palestra per lo sviluppo della cooperazione  che aumenta possibilità di successo nella conquista delle risorse e nella difesa dalle aggressioni.

I riti di iniziazione o di passaggio all’età adulta avevano il significato di verificare come era stata appresa, durante l’adolescenza,  la capacità di controllare le spinte pulsionali e di inserirsi adeguatamente nella rete dei legami sociali. Attualmente, il fatto che gli adulti non sottopongano più gli adolescenti a “prove” di passaggio non consente una verifica né alla società né all’adolescente del suo funzionamento. Ma questo non vuol dire che il bisogno dell’adolescente di sapere “chi è” e quanto vale non cerchi risposte: solo che le risposte vengono trovate esclusivamente nel gruppo dei pari, che non ragiona come la società degli adulti, ma secondo logiche adolescenziali e non equilibrate, spesso fondate su modalità di sfida o su culture gruppali private.

L’adolescenza e la maturazione sessuale richiedono al soggetto il passaggio dal legame di attaccamento con la madre e la famiglia e dalle sensazioni gioiose del gioco infantile, a spinte ben più difficili da gestire, come la ricerca di un legame affettivo sessualizzato con un partner e la necessità di affermarsi tra i pari, vivendo anche stati affettivi sgradevoli come la rabbia.

I problemi psicologici degli adolescenti, in linea di massima, si fondano dunque su due questioni: la necessità di integrare competizione e cooperazione e di trasferire l’affettività presente nell’attaccamento madre-figlio alla relazione sessuale.

Si provano quindi sensazioni di solitudine perché ci si trova in una “terra di mezzo” in cui si sono persi i riferimenti infantili ma quelli adulti non sono ancora solidi, stati di rabbia e aggressività per l’immaturità nel gestire le situazioni di competizione, vissuti di dipendenza dagli altri e di senso di vuoto, stress dovuto al confronto, alla necessità di avere un ruolo nel gruppo dei pari, alle richieste del contesto, alla non corrispondenza tra i bisogni emergenti e la possibilità di trovare soddisfazione.

In questo contesto, lo sviluppo di una addiction si può fondare su molteplici fattori che partecipano allo stesso processo. Lo stress sociale e le particolari condizioni neurologiche e ormonali favoriscono un aumento della sensibilità a sostanze che stimolano la produzione Dopaminergica e offrono senso di benessere: qui si ha l’innesco dell’addiction, nel senso che l’eventuale esperienza di una droga, magari avvenuta casualmente (le droghe sono ampiamente e facilmente disponibili nel nostro ambiente: ma questa è responsabilità del mondo adulto) o sulla spinta del gruppo dei pari svela all’adolescente che può “stare bene” anche se non ha risolto nella realtà reale le sue questioni.

Da qui in poi, può cristallizzarsi un comportamento di ricerca di “cose” (droghe, ma anche altri tipi di stimoli) che mantengano il senso di benessere attraverso la stimolazione dopaminergica a un livello ottimale: a questo punto l’addiction si è strutturata e viene mantenuta nel tempo.

Il nucleo dell’addiction diventa la possibilità di sentirsi soddisfatti ma soprattutto di non sentirsi dipendenti dagli altri per stare bene: sensazioni di benessere e di non-dipendenza illusorie, certamente, ma sostenute da fatto che la droga può essere assunta tutte le volte che si ha voglia e che garantisce le sensazioni ricercate. Molto diverso e ben più faticoso e deludente è cercare le stesse sensazioni nel rapporto con l’altro e nella società: gli altri possono sempre dire di no, deludere, frustrare, aumentare il senso di malessere, di inadeguatezza e di disvalore che si vorrebbe superare.

A questo punto, non è facile per l’adolescente che ha strutturato un’addiction, ritrovare fiducia, coraggio ed energie per rimettere in discussione una soluzione che, per quanto patologica, lo protegge dalla sofferenza (convinzione paradossale, perché in realtà la vita dell’addict diventa presto molto difficile). Nella tempesta somatica ed emozionale in cui si trova e in cui permane per diversi anni, l’adolescente è completamente assorbito dalla ricerca di un equilibrio che gli consenta soddisfazione e riduzione dello stress: questa è per lui una priorità assoluta. L’asincronia tra maturazione delle strutture sottocorticali e corticali, con ritardo di queste ultime, gli rende difficile la comprensione di ciò che gli sta avvenendo e di ciò che lui stesso sta facendo: solo più tardi ne prenderà coscienza (ma neppure sempre). 

È quindi poco proponibile, come approccio generalizzato, un intervento preventivo o terapeutico basato essenzialmente su aspetti cognitivi e volitivi: la consapevolezza e il controllo costituiscono (dovrebbero costituire) il passaggio all’età adulta e quindi non sono scontati in un adolescente, anche se alcuni dimostrano una maturità insospettata. 

Di questo devono tenere conto i familiari, che vanno coinvolti sistematicamente nel trattamento per diversi motivi. Nel caso di adolescenti minorenni (anche se sembra un paradosso, i diciottenni sono legalmente maggiorenni ma sul piano dello sviluppo sono ancora in fase adolescenziale, che dura fin oltre i 20 anni: SIMA, Società Italiana Medicina dell’Adolescenza) è necessario il consenso dei genitori per qualsiasi intervento; inoltre, sono spesso i genitori che riconoscono il problema e spingono il figlio ad un consulto e hanno un ruolo determinante nel sostenere la motivazione a proseguire il percorso di cura e l’aderenza alle indicazioni. Soprattutto, i genitori fanno parte dello scenario in cui il problema si è sviluppato e in cui è necessario che si risolva: è raccomandabile che si confrontino con un consulente per comprendere bene le dinamiche del figlio e per assumere gli atteggiamenti più favorevoli ad una soluzione. Per questi motivi IEUD coinvolge sempre i genitori nell’accordo di cura.

L’approccio terapeutico deve inserirsi armonicamente nella cultura dell’adolescente, con un attento bilanciamento tra l’avvicinamento al suo mondo, che possa rassicurarlo, e la distanza necessaria perché possa riconoscere la funzione del terapeuta e affidarsi a lui. In questo può essere strategicamente rilevante l’introduzione, nella gestione della relazione terapeutica, di strumenti digitali che gli adolescenti di oggi utilizzano abitualmente come “protesi” delle loro relazioni sociali. Da sempre all’avanguardia nella digital health, IEUD si avvale e continua a sviluppare molteplici strumenti di questo tipo al fine di migliorare il livello di motivazione e le funzioni riflessive e di consapevolezza che sostengono il processo evolutivo personale. 

In conclusione, è necessario un intervento di tipo “affettivo”, che acceda direttamente alle necessità di sicurezza e di conferma/affermazione dell’adolescente, supportando modelli di identificazione, senso di gruppo, sensazione di protezione e apertura di potenzialità.