Cos’è il Default Mode Network (DMN)?

Il DMN (Default Mode Network) è una delle reti neurali presente nel nostro cervello, che connette in modo complesso e circolare aree coinvolte nella coscienza, consapevolezza e rappresentazione di sé.

Il funzionamento all’interno di questo network è attivo quando siamo in condizioni di riposo, cioè quando la nostra mente vaga senza concentrarsi su un compito esterno ed è comunemente definita attività resting-state.

Sono in realtà diversi i termini che sono stati utilizzati per descrivere questo funzionamento: mindwandering, daydreaming, self-reflection o, ancora, definendolo come la base neurologica del Se.

Il DMN e gli altri network cerebrali

E’ necessario ricordare che il DMN non è l’unico network presente all’interno del nostro cervello, network da intendersi non come zone anatomiche a funzionamento rigido, ma come aree di connessioni/attivazioni attive a seconda delle condizioni interne e/o esterne dell’organismo.

Quando, per esempio, è attivo il cosiddetto task-positive network cioè l’insieme di connessioni che si attivano quando siamo intenzionalmente occupati in un compito, l’attività all’interno del DMN diminuisce sensibilmente.

Dall’ipotesi all’evidenza: il Default Mode Network

Nel suo strutturarsi risente della qualità delle relazioni che vanno ad instaurarsi tra l’organismo (il corpo) e l’ambiente esterno sin dall’infanzia (può risentire, per esempio, di traumi affettivi precoci).

La scoperta di un’attivazione elettrica cerebrale in assenza di stimolazioni esterne era già stata rilevata nel 1929 da Hans Berger (noto come l’inventore dell’elettroencefalogramma), ma questa evidenza non era riuscita a mettere in discussione la concezione dominante nella neurologia e nella scienza del tempo che considerava l’attività cerebrale come esclusivamente secondaria.

Negli anni 50 l’evidenza dell’attività cerebrale a riposo, rilevata dal metabolismo dell’organo stesso, venne confermata dalle ricerche di Louis Sokoloff (ricordato per il suo fondamentale contributo alla realizzazione della tomografia ad emissione di positroni).

Gli studi di David Ingvar sulla relazione tra funzioni cerebrali e flusso sanguigno cerebrale dimostrano, negli anni 70, l’aumento della circolazione cerebrale sanguigna nei lobi prefrontali quando una persona è in condizioni di riposo e in assenza di stimoli.

Ma è solo nel 2007 che, durante la realizzazione di un esperimento di brain imaging, Marcus Raichle conferma il funzionamento di questa area, denominandola e descrivendone le aree interessate.

Le aree coinvolte nel Default Mode Network

Le aree coinvolte nel DMN sono:

  • giro cingolato posteriore (ricordi del passato e proiezioni nel futuro)
  • corteccia mediale prefrontale (memorie autobiografiche, obiettivi futuri, autoriflessività)
  • sottosistema dorsale mediale (pensiero rivolto agli altri, inferenze sul loro agire)
  • giunzione temporo-parietale (riflessioni su emozioni altrui – le cosiddette “teorie della mente”)
  • giunzione latero-parietale (recupero di concetti e conoscenze sociali)
  • ippocampo (formazione di nuove memorie, ricordi del passato e prospettive future)
  • lobo parietale posteriore-inferiore (connessione tra informazioni sensoriali e attenzione)
  • precuneo (vista, sensomotricità e attenzione)

Alterazioni nel DMN nell’ addiction e altri disturbi clinici

Alterazioni nel funzionamento all’interno del DMN sono presenti in diverse condizioni quali: depressione, schizofrenia, disturbo ossessivo-compulsivo, nella malattia di Alzheimer, in alcune forme di autismo e nei disturbi da addiction, in particolare in relazione alle ricadute e percezione del craving. Ruminazioni negative, idee anticonservative, difficoltà nelle relazioni sociali, difficoltà di memorizzazione a lungo termine sono parte della sintomatologia derivante da queste disfunzioni.

Il ruolo fondamentale del DMN nel nostro cervello

Le possibili alterazioni non devono distogliere l’attenzione dal ruolo fondamentale che l’attività resting-state nel DMN ha in quanto indispensabile al corretto funzionamento del nostro cervello e alla costruzione di un senso coerente del Se attraverso la narrativa interna.

Questo funzionamento viene favorito da ritmi regolari di sonno (è implicato infatti anche nella generazione e contenuto dei sogni), dal movimento, dal gioco.

L’impatto della tecnologia sul DMN

Sappiamo come oggi queste condizioni vengano compromesse dall’uso continuativo di smartphone, social media e video games. Come ogni altro compito che richiede capacità attentive, queste attività bloccano il funzionamento del DMN, e questo stesso decremento/annullamento si rileva nei comportamenti di addiction.

Va precisato che queste stesse conseguenze si possono avere anche in età adulta, in termini di ruminazioni, negative, condizioni isolamento, senso di estraneità.

I rischi per i giovani: dalla social-addiction all’isolamento sociale

Per i soggetti più giovani il rischio di compromissioni a livello psicologico e psichiatrico è naturalmente più alto poiché ancora in fase di crescita, di costruzione dell’immagine di sé e del proprio posto tra i pari e nell’ambiente.

L’ipotesi derivante dalle ricerche scientifiche è che alterazioni in questo funzionamento possano avere un ruolo sia nell’aumento dei disturbi da social-addiction, sia nei vissuti di isolamento sociale.

La plasticità cerebrale e le possibilità di recupero

Tuttavia, a conferma della plasticità cerebrale e delle possibilità di ripristino e rimodulazione al suo interno, anche le connessioni all’interno del DMN possono essere rimodulate e ripristinate attraverso trattamenti quali psicoterapia, esercizio fisico, meditazione, farmaci antidepressivi, amplificati nella loro potenziale efficacia se inseriti all’interno di relazioni significative.