Cristina Galassi (Ieud): “In una fase della vita nella quale si dovrebbe essere attivi, vitali, energici e anche oppositivi, avviene una sorta di spegnimento con dei vissuti depressivi che non si erano mai visti così tanto prima”

“A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e traversare la strada, per diventare come matte, e tutto era così bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravano ancora che qualcosa succedesse”. Così Cesare Pavese ne “La bella estate”, di cui una bella trasposizione cinematografica è nelle sale, inizia a raccontare come la scoperta del corpo e della propria identità in adolescenza sia un percorso tortuoso e pieno di soffuse innocenze e ingenuità, caratterizzato però da un’impronta vitale straordinaria.

Oggi sempre più adolescenti sono invece abituati a confrontarsi con un universo virtuale potenzialmente inesauribile che può arrivare a sovrascriversi al mondo fisico e circoscritto nel quale incedono, che li può spingere a perdere interesse per il reale e sviluppare una dipendenza da internet.

“Disconnettiti e monta in sella” è il nome dell’evento che si svolgerà il 6 e il 7 settembre a Vicchio Mugello, in Toscana, dove si riuniranno famiglie e adolescenti dai 12 ai 17 anni per contrastare il fenomeno attraverso l’equitazione.

A fornirci un quadro delle nuove dipendenze negli adolescenti è la dottoressa Cristina Galassi, psicoterapeuta e responsabile dell’equipe specialistica dell’Istituto Europeo delle Dipendenze che insieme ad Unio Animal and Human Training ha organizzato l’iniziativa.

Quando l’uso di Internet in adolescenza diventa dipendenza?

Una dipendenza reale e conclamata riguarda tutte le sfaccettature della vita dell’adolescente, il quale si sente sempre più inadeguato e tende a ritirarsi dal mondo reale per una vita sempre più virtuale e autoriferita. Proprio quando si dovrebbe essere attivi, vitali, energici e anche oppositivi avviene una sorta di spegnimento con dei vissuti depressivi che non si erano mai visti così tanto prima.

Ci sono dei campanelli d’allarme che possiamo imparare a riconoscere?

Tra i segnali c’è proprio questo disinteresse e questo “ritiro” dalla vita reale. Non è il ritiro nella stanzetta, questa è una cosa normale nell’adolescenza, ma parliamo proprio di compromissione del sonno, di problemi con l’alimentazione, di un cambio nello stile di vita in generale. Un ritiro silenzioso dove esiste solo l’adolescente e questo mondo virtuale.

Nello spettro delle dipendenze quella da internet è di tipo comportamentale, ma è in qualche modo possibile paragonarla alle dipendenze da uso di sostanza?

Sono diverse ma c’è un’ambivalenza simile. Nelle dipendenze da sostanza queste diventano l’unica fonte di piacere: chi ne è dipendente sta male quando non le usa e sta bene quando le usa. Paradossalmente anche con i social quello che fa stare male sono spesso forme di cyberbullismo, alle quali però si tende a ricercare una cura attraverso la ricerca ossessiva dei like. È un circolo vizioso che si alimenta.

Si tende a pensare che gli adolescenti che sviluppano queste sintomatologie abbiano già dei pregressi familiari di disagio. È vero?

No. È un fenomeno trasversale. Credo che ci stiamo davvero rendendo conto solo adesso della portata del problema. Non si era valutato bene quanto potessero essere potenti questi strumenti. Oggi le neuroscienze ce lo dicono: hanno una fortissima capacità di agganciare il cervello e creare un effetto imbuto. Non è tanto un discorso di appartenenza sociale ma è molto legato alla personalità del singolo.

L’Oms ha diffuso delle linee guida per l’uso corretto del cellullare per i bambini. Cos’altro si può fare?

Intanto in ottica preventiva è giusto andare indietro con l’età e partire dai bambini. Dobbiamo abituarli ad altre esperienze, anche fisiche. Il grande assente è proprio il corpo.

Il corpo viene però molto esibito sui social, dove è spesso soggetto a standard altissimi ( e altamente discutibili) di perfezione.

Sì, è molto visualizzato ed esibito ma è solo virtuale. L’adolescente è da sempre in difficoltà con il proprio corpo e ora non si confronta più con gli altri ragazzi intorno a sé ma con l’universo della rete. Il corpo si può quindi abbellire, manipolare. Ma poi io sono io, e quando mi muovo nel mondo mi sento ancora più inadeguato. Questo è uno degli aspetti più complessi della dipendenza.

Come influisce tutto questo nello sviluppo della sessualità?

I nostri corpi sono limitati in senso positivo: occupano uno spazio fisico, hanno dei limiti anche nel dolore. Nel mondo virtuale si può invece fare tutto. Se non ho l’altro vicino non riesco a sviluppare i livelli di empatia sufficienti per capire se sto facendo male all’altro. Ma queste sono cose che partono da lontano e riguardano l’educazione all’affettività.

Voi proponete delle giornate dedicate all’equitazione.

La relazione con il cavallo sembra avere degli ottimi risultati in termini di prevenzione e di attenuazione delle sintomatologie del disagio. La nostra vista è strutturata per guardare intorno ed è fortemente collegata al movimento e al dinamismo. Pensa cosa può significare per un ragazzo passare dal fissare uno smartphone a essere su un cavallo. A livello anche solo sensoriale è una sensazione pazzesca. Non è chiaramente una panacea valida per tutti, ma su determinati ragazzi funziona di più rispetto ad altri trattamenti.

Torniamo al ruolo degli adulti. Le famiglie riescono a capire il mondo virtuale dei propri figli?

No, ci manca proprio l’esperienza. È un mondo in cui gli adulti non hanno camminato. I genitori cercano sempre (nel bene e nel male) di guidare i figli in base alla propria esperienza, ma questa volta ci siamo trovati un po’ impreparati. Non abbiamo fatto tanta attenzione ad esibire un comportamento dove questi strumenti sono onnipresenti nella nostra vita.

Insomma, difficile dire a un figlio di non usare il cellulare quando anche i genitori lo utilizzano.

Non si può far finta che questi strumenti non saranno parte dell’esistenza dei nostri figli. Dall’altro canto dobbiamo chiederci quanto abbiamo fotografato i nostri figli postando le loro foto sui social: abbiamo reso questa situazione normale e ora tutto d’un tratto non possiamo dire che non lo è più.

In età adulta come si manifesta la dipendenza da internet?

C’è un aumento sicuramente statistico di dipendenza da questi strumenti anche tra gli adulti, che si traduce in dipendenza da pornografia o da gioco online. È un argomento estremamente complesso che spesso viene trattato in modo irrealistico e forse non ci sono tante soluzioni. Si sta sperimentando. Ma è importante capire che riguarda anche molto noi adulti, respiriamo tutti quest’area. Dobbiamo fermarci e chiedere: che cosa è successo?

Fonte: La Repubblica